Tab Article
Rilke ha definito i poeti "api dell'invisibile", perché mostrano dei mondi sconosciuti che ci fanno tuttavia conoscere meglio quello in cui effettivamente siamo, così come l'immagine virtuale dello specchio ci colloca nel mondo reale. Ma, per converso, anche perché trasportano da un altro universo, appena intravisto, un polline da cui scaturiscono fioriture di parole e di immagini nel nostro. In Dante Maffía l'invisibile è andato al macero. La vita quotidiana nel suo ordinato e tranquillizzante svolgersi ("Dopo aver portato a spasso il cane, / acquistato il giornale, scambiato / due frasi sul tempo / con un altro signore a spasso col suo cane...") nasconde abissi angosciosi: "per i lunghi corridoi risuona / il nulla divampando / sui residui di parole consunte / da accordi musicali di neve / sfiniti e poi buttati al macero". Giungendo "fino alle porte dell'invisibile", si spalanca così un mondo dove finiscono 'tutti i nostri ieri', dove, come, sul cuscino su cui si dorme, "appassiti sogni tentano / un'ultima danza".